RIFLESSIONI SULLO YOGA


1# Il primo passo. Riappropriarsi dell’ora.

 a cura di Andrea Gabbi

Questo breve articolo inaugura una serie di riflessioni che avrà come oggetto lo yoga – e la ricerca spirituale – a partire, principalmente ma non solo, dalle suggestioni offerte dagli Yogasutra di Patanjali, testo considerato da molti il riferimento di questo disciplina.

Yogasutra  è uno scritto redatto da una figura leggendaria identificata con il nome di Patanjali  – caduto (pat), tra le mani in preghiera (anjali) -, in un periodo che gli studiosi datano tra il II secolo a.C. e il V secolo d.C.. Si tratta di uno testo estremamente sintetico e facile da memorizzare – spettava al maestro svelarne ai discepoli la ricchezza di significato attraverso la recitazione e il commento  – che raccoglie, in forma aforistica, le conoscenze relative allo yoga fino ad allora tramandate oralmente. Un compendio yoghico potremmo dire, destinato alle comunità monastiche per non smarrire la rotta.

Yogasutra è un trattato di spiritualità e raccoglie esperienze umane che travalicano il tempo, per questo merita di esser conosciuto e compreso. Di questa raccolta di aforismi colpisce il rigore sistematico, la sensibilità psicologica acutissima – che non teme confronti con la psicologia del nostro tempo – e un’apertura filosofica ed esistenziale comune a gran parte della riflessione orientale.  A fondamento c’è il riconoscimento di un’esperienza universale: l’esperienza della sofferenza (duhkham).

Spesso tradotto come dolore, il termine duhkham descrive un sentire anche molto sottile di non allineamento, di disarmonia. La radice dhu fa riferimento a qualcosa che non funziona bene, mentre kham al mozzo di una ruota: il termine duhkham dunque, richiama l’idea di una ruota che non gira correttamente, il cui mozzo non è allineato, non è posizionato con la giusta angolazione. Possiamo immaginare la nostra vita come questa ruota e duhkham come l’esperienza della nostra vita segnata da qualcosa che non va, che “non gira per il verso giusto”.

Facciamo tutti esperienza di duhkham, in qualsiasi tempo e luogo, età, condizione sociale e culturale. Per alcuni può essere più tangibile, per altri meno; può essere consapevole o inconsapevole, ci possono essere eventi che la portano in luce con forza o può rimanere latente per lungo tempo.

Riflessioni sullo yoga. Riappropriarsi dell’ora.

Dukkha_Opera di Paolo Mara

Da duhkham si può uscire. Il messaggio è tutt’altro che pessimistico: lo stato di disallineamento, contrazione e sofferenza – proprio di duhkham –  si può trasformare, a partire da questo momento.

Il primo capitolo di Yogasutra (Samadhi-padha) si apre così:

                                                                             Atha yoga-anusasanam.

Ora (atha) – recita l’aforisma – inizia la trattazione, frutto di esperienze trasmesse  da generazioni e generazioni di saggi e dunque degna di rispetto (anusasanam), sullo yoga. Un incipit che presenta subito al lettore l’oggetto della trattazione e ne garantisce l’autorevolezza.

Ma c’è dell’altro. Quel atha (ora) investe di un significato forte il richiamo al momento presente, indicandoci che è solo a partire dal primo e fondamentale riconoscimento della nostra condizione che possiamo accedere all’esperienza dello yoga (cioè alla trattazione che seguirà); è questo atto di presenza iniziale, di ascolto, questo ritorno all’ora (atha), la porta d’ingresso al cambiamento.

Fare spazio al riconoscimento della nostra disarmonia, guardare in faccia quel qualcosa che non va, che “non gira bene”, predisporsi all’ascolto di noi stessi è il primo passo, per la trasformazione. Limitarsi a riconoscere l’esperienza del disagio e dell’inquietudine propri dell’esperienza di dhukham  servirebbe a ben poco (se non a rafforzare l’esperienza del dolore stesso) se a ciò non si affiancasse anche un progetto rivolto alla liberazione da questa sofferenza.

Yogasutra sono un testo essenzialmente pratico, ricco di analisi e strumenti per superare il disallineamento in direzione dell’incontro con una diversa esperienza dell’essere. Il messaggio è chiaro: uscire da dhukham è possibile. Non in un futuro non tanto ben identificato, non in un tempo a venire quando finalmente tutto sarà diverso, ma ora. Senza rimandare: ora (atha), in tempi di pandemia come in ogni tempo.

(to be continued..)

 

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